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A cosa serve misurare il pH del terreno?

Il suolo è un sistema complesso: misurare il suo pH ci permette di monitorarne la salute e di conseguenza quella delle nostre piante.

Ma prima di entrare nel pieno del discorso, occorre naturalmente spiegare che cos’è il pH.

Il pH è una scala che si usa per misurare la concentrazione di protoni idrogeno (H+) all’interno di una soluzione. Tanto più è basso il pH, quanti più protoni liberi ci sono, tanto più questa soluzione sarà acida.

In realtà quando misuriamo il suo pH stiamo osservando la reazione del terreno al momento della misura.

Questo significa che le variazioni del terreno sono sempre reversibili, a differenza di una variazione di pH che avviene chimicamente in una soluzione di due sostanze diverse. 

Tenendo questo a mente, non ci sorprenderà scoprire che il pH del terreno si alza d’inverno, si abbassa durante l’estate e tende a ritornare al suo valore naturale anche dopo eventuali correzioni.  

 

La relazione tra pH e CSC

Misurare il pH del terreno ci permette di osservare indirettamente i cambiamenti chimici all’interno del sistema formato tra la componente liquida (ovvero l’acqua) e le componenti solide del terreno.

Infatti una condizione di marcata acidità o basicità interferisce con la capacità di scambio cationico del suolo. Ad esempio, un pH superiore a 8 ostacola molto la circolazione degli H+, che sono il motore dello scambio cationico. 

Anche l’attività dei microrganismi risente delle variazioni del pH: tra 6 e 7 è garantita l’attività enzimatica e metabolica dei batteri, mentre a pH inferiore a 5 prevale l’attività dei funghi e i metalli pesanti diventano più mobili, andando così a costituire un principio di inquinamento da metalli

Una misurazione periodica del pH, soprattutto dopo la concimazione e durante le irrigazioni ci può aiutare a capire se esiste il rischio di portare le piante ad un range di pH pericoloso.

 

Classificare il terreno in base al pH

Misurare il pH del terreno è fondamentale quando occorre decidere che cosa coltivare: infatti a certi intervalli di pH  corrispondono determinate caratteristiche del terreno.

  • pH < 5.5: il terreno è carente in calcio e magnesio, lo sviluppo radicale è ridotto a causa della bassa CSC ed esiste il rischio di danni da alluminio alle radici. Si verifica inoltre una carenza di fosforo, che provoca una riduzione della fruttificazione. 
  • pH tra 5.5 e 6.5: terreno idoneo a molte colture, ma che potrebbe diventare carente di carbonato e per questo richiede un monitoraggio costante. 
  • pH tra 6.5 e 7.5: il terreno è in condizione ideale, con una CSC vicina al 100%. 
  • pH tra 7.5 e 8.5: è presente carbonato libero, che rende meno disponibile il fosforo ed i micronutrienti. 
  • pH > 8.5: si manifesta in un terreno calcareo  o sodico, che causa danni alle radici e  la graduale perdita di sostanza organica. 

Il pH del terreno e la crescita delle piante 

Le piante possono tollerare lievi variazioni di pH, ma in generale rischiano seri scompensi nutrizionali se si trovano in terreni inadatti. Questo è dovuto al fatto che a un dato range di pH la disponibilità degli elementi cambia, rendendo impossibile alle piante l’approvvigionamento per via radicale.

 

Consultando la parte alta della tabella, vediamo che l’azoto, il fosforo ed il potassio vengono assorbiti facilmente a pH neutro (cioè tra 6 e 7), ma non altrettanto bene in terreni acidi o alcalini.

Esistono però alcune piante che richiedono terreni leggermente acidi o leggermente alcalini: in questo caso, significa che il loro metabolismo richiede anche altri elementi. Ecco alcuni esempi:

  • Melo e melograno: tra 5 e 6,5
  • Arancio: tra 5 e 7
  • More, mirtilli, lamponi e fragole: tra 5,5 e 6,5
  • Noce: tra 6 e 8

 

Cosa influenza il pH del terreno?

Nei suoli naturali, il pH varia soprattutto a causa di fattori quali il clima, la mineralogia del substrato, la presenza di sostanza organica, le piogge, l’attività delle radici e dei microrganismi.

In natura,  le sue principali variazioni avvengono a causa della concimazione, dell’irrigazione e dei processi di assimilazione degli elementi nutritivi (in particolare potassio, calcio e magnesio) da parte delle piante.

 

Come misurare il pH del terreno?

Lo strumento più semplice per misurare il pH di un terreno è la cartina tornasole: si basa sulla reazione tra il campione di terreno analizzato e la carta di cui è composto, che indica il pH cromaticamente. Per saperne di più, vi suggeriamo un articolo di Orto da Coltivare che illustra tutti i passaggi della misurazione con la cartina tornasole.

Se avete bisogno di una misurazione indicativa e non avete a disposizione la cartina tornasole, potete osservare la flora spontanea. Ad esempio, la presenza di piante come la ginestra odorosa, i tamerici e la liquirizia sono indice di terreni alcalini; felci, lupino, rododendri, erica e mirtilli indicano terreni a reazione acida.

Si può correggere il pH del terreno?

Il pH di un terreno può essere spostato sia verso l’acidità che verso la basicità, ma in ogni caso si tratta di un’operazione temporanea. Le caratteristiche che portano il terreno ad un certo pH si ripresentano periodicamente, ecco perché la correzione dev’essere ripetuta molte volte. 

A causa di ciò, è molto più semplice adattare la coltivazione al tipo di terreno, che non viceversa.

Le correzioni del pH del terreno avvengono quasi esclusivamente con sostanze chimicamente attive. Per abbassarlo, si utilizza ammoniaca anidra o solfato ammonico, perfosfato minerale, o ammendanti chimici che contengono zolfo

Per alzarlo, si usano correttivi a base di Calcio e Magnesio: formano una molecola, lo ione bicarbonato (di calcio o di magnesio), che disciolto in acqua libera ioni idrossido (OH-) che tamponano l’acidità. 

Si tratta della stessa reazione che avviene quando prendiamo il bicarbonato di sodio per contrastare l’acidità di stomaco. 

 

Correggere il pH di un terreno con il vermicompost

Il vermicompost, grazie alla sua sostanza organica umificata, presenta un effetto tampone del pH.

Questo avviene perché le sostanze umiche sono anfotere, ovvero si comportano da acidi con le basi e viceversa. Questo significa che utilizzando una grande quantità  di vermicompost localmente sulle piante otterremo uno spostamento di pH verso la neutralità, senza ricorrere a particolari correttivi. 

Facciamo un esempio: in presenza di un terreno pesante (argilloso), è probabile che il pH sia per sua natura subalcalino (quindi pH tra 7.4 e 8). In tale situazione, il calcio ed il magnesio rallentano l’assorbimento di azoto, fosforo e potassio, compromettendo lo sviluppo e la salute della pianta.

Aggiungendo sostanza organica, il calcio ed il magnesio si legano agli acidi umici e fulvici e vengono immobilizzati: a questo punto il pH ritorna a valori neutri, perché il calcio ed il magnesio non sono più liberi di circolare.

Inoltre, la sostanza organica del vermicompost corregge anche la tessitura del terreno, alleggerendolo ed aumentandone la porosità: ciò permette alle radici di accedere più facilmente all’acqua ed alle sostanze nutritive.

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