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I Benefici del Maggese: Il Suolo Si Trasforma Anche Mentre Riposa

Il maggese, un’innovazione agricola storica

Secondo gli storici, la scoperta di un sistema agricolo progenitore di quello attuale avvenne in Medio Oriente. Accanto a molte tecniche che usiamo tutt’oggi, per esempio l’aratura, venne introdotto anche il riposo del terreno.

Quello che noi oggi chiamiamo maggese (pratica agricola che consiste nella messa a riposo di un appezzamento di terreno per restituirgli fertilità) nacque inizialmente come una necessità di lasciare dei terreni incolti per contrastare la perdita di fertilità del suolo prodotta dalla stessa agricoltura.

Infatti, a causa dello sviluppo agricolo il clima è passato, durante l’Età del Bronzo (3400 a.C.- 1600 a.C.), da tropicale a semi-desertico.

Durante l’antichità ed il Medioevo il maggese, nella forma di un periodico abbandono del campo alle piante spontanee, veniva impiegato quasi involontariamente; fu con la Rivoluzione Agricola Inglese (circa 1700) che esso venne sostituito da coltivazioni foraggere, tra le quali era già molto diffuso il trifoglio.

Questa trasformazione, affiancata alla già nota tecnica della rotazione colturale, rese la tecnica del maggese fondamentale per lo sviluppo agricolo, perché da un lato aumentava la superficie di pascolo, dall’altro permetteva al suolo di ricaricare i nutrienti minerali, grazie alle proprietà azotofissatrici di questa pianta.

Con l’industrializzazione dell’agricoltura avvenuta a inizio Novecento negli Stati Uniti, la coltivazione venne intrapresa in modo sempre più intensivo, perciò il maggese venne progressivamente abbandonato.

Alla lunga si ripresentò il problema della perdita di fertilità, che negli Stati Uniti portò i suoli ad essere molto più aridi e polverosi. Fu così che le grandi pianure cominciarono ad essere interessate dal fenomeno chiamato ‘dust bowl’ durante gli anni ’30. Solo con la reintroduzione del sistema a maggese, il problema diventò meno frequente.

 

Foto storica che ritrae la nuvola di polvere sollevata negli Stati Uniti centrali negli anni ’30, durante il fenomeno chiamato ‘dust bowl’.

 

Perché il terreno ha bisogno di riposo?

La sostenibilità agricola si raggiunge osservando ed imitando la natura. Oggigiorno sappiamo che un suolo naturale, nella fascia climatica temperata, non risulta coperto da vegetazione per tutto l’anno. Si potrebbe prendere ad esempio una prateria, il cui ciclo ecologico è molto simile a quello di un campo coltivato a cereali.

La prateria di centro Europa, ovvero la steppa, ospita piante vive dall’inizio della primavera alla fine dell’autunno. Durante il resto dell’anno il terreno è troppo gelido e umido per la crescita vegetale, per non parlare di quando è coperto dalla neve.

Anche se potrebbe sembrare privo di vita, durante l’inverno il terreno continua ad ospitare batteri e funghi, che proseguono la loro attività di decomposizione e di mineralizzazione della sostanza organica.

Nella prateria, il principale apporto di sostanza organica da decomporre proviene dagli steli delle piante annuali, che si accumulano progressivamente nel suolo di anno in anno.

Questa grande attività biologica contribuisce a mantenere il suolo fertile, garantendo le condizioni di crescita per le piante che germineranno in primavera.

 

 

Il ciclo di un suolo agricolo

In un campo coltivato la sostanza organica viene asportata con il raccolto, perciò il ciclo naturale viene spezzato: la microflora batterica del suolo non trova sostanza organica da decomporre e ciò comporta la sua rapida scomparsa dal suolo.

Lasciando il terreno a maggese per uno o due anni, si permette il progressivo ritorno della microflora del suolo. Questo effetto può essere anche accelerato, attraverso la concimazione organica, il sovescio e l’inoculo di funghi e microrganismi effettivi.

 

Gli effetti del maggese: ecco come il suolo si trasforma

La funzione del maggese è di grande interesse scientifico; in particolare, si cerca di determinare quali sono i vantaggi, in termini economici e produttivi, nel lasciare incolto un terreno.

Uno studio dell’Università del Nebraska ha evidenziato come il maggese produca numerosi effetti:

  • limitazione delle perdite di umidità per evaporazione;
  • mineralizzazione della sostanza organica;
  • contrasto efficace alle erbe infestanti;
  • miglioramento della struttura del suolo;
  • aumento della disponibilità dei nutrienti;
  • incremento dell’attività e diversità della microbiologia del suolo;
  • contrasto dell’erosione.

Lavorazioni del suolo a maggese

Il sopracitato studio dimostra che il maggese non si concilia bene con una lavorazione pesante e frequente del terreno, che interferisce con la formazione di aggregati del suolo.

Infatti, il diametro medio degli aggregati nei suoli a maggese preceduti da lavorazione risulta inferiore rispetto a quelli osservati nel maggese non lavorato.

Il maggese contribuisce ad  aumentare l’efficienza di immagazzinamento delle precipitazioni, perché  riduce il deflusso e l’evaporazione dell’acqua.

Inoltre, la mineralizzazione dell’azoto tende ad aumentare arieggiando il terreno e mantenendo un elevato contenuto di umidità del suolo,

Infine, lo studio mostra che con il maggese è possibile ridurre l’insorgenza di patologie vegetali causate da piccoli invertebrati e da microrganismi, perché l’interruzione del loro ciclo vitale limita la loro diffusione.

Alcune tecniche di supporto al maggese

Esistono diverse pratiche che possono esaltare gli effetti benefici del maggese.

Innanzitutto, un terreno a riposo non dovrebbe mai essere lasciato scoperto: è importante seminare le leguminose, che grazie ai loro noduli radicali possono prelevare l’azoto atmosferico e accumularlo in forma proteica, per poi cederlo al suolo durante la decomposizione della pianta.

In secondo luogo, è fondamentale garantire una corretta concimazione organica, possibilmente con sostanza organica umificata, per stabilizzare la microflora del suolo e gli elementi mineralizzati che dovranno essere assorbiti dalle piante.

Infine, la presenza di animali è benefica per il terreno, sia per l’apporto organico che garantiscono con il letame, sia per il calpestio degli zoccoli, una vera e propria microlavorazione naturale del suolo.

 

Il suolo riposa, ma nel frattempo migliora

Come abbiamo visto, gli effetti positivi del maggese sono molti.

Questa tecnica garantisce un aumento della sostanza organica del suolo, dei nutrienti, della struttura fisica, del contenuto d’acqua e dei microrganismi, nonché una riduzione della perdita di suolo da parte di erosione eolica e idrica.

Per un’agricoltura sostenibile, è fondamentale garantire al terreno uno o due anni di interruzione della coltivazione, pur se questo comporta una produzione minore.

Ciò che si ottiene in cambio, ha un valore inestimabile: la fertilità.

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